Al giorno d’oggi sono sempre di più i lavoratori che prendono la coraggiosa decisione di abbandonare il posto fisso da dipendente per provare a intraprendere la carriera da lavoratore autonomo, che presenta senza dubbio diversi rischi ma anche moltissimi vantaggi.
Abbiamo parlato spesso dei liberi professionisti e dell’iter che devono compiere per aprire la partita IVA, come funziona la loro attività, come devono gestire il pagamento delle tasse, dei contributi, il sistema di fatturazione elettronica e via dicendo.
In questo articolo, invece, vogliamo analizzare un altro tipo di lavoratore autonomo: colui che svolge attività artigianali o commerciali ed è titolare di una ditta individuale. Ma che cos’è, esattamente, una ditta individuale, e chi può aprirla?
La ditta individuale è una particolare tipologia di impresa (o di persona fisica, non giuridica) che ha – come suggerisce il nome stesso – un unico titolare, cioè l’imprenditore, colui che è l’unico promotore e l’unico responsabile dell’attività professionale. Questa attività, al contrario del libero professionista, non è di tipo intellettuale ma è invece inerente alla produzione o allo scambio di beni e di servizi: questo significa che è un’attività di tipo artigianale (dal muratore al parrucchiere, dall’estetista all’elettricista, dal panettiere all’idraulico) oppure di tipo commerciale (dal grossista al dettagliante, dal titolare di un e-commerce al venditore porta a porta fino al venditore ambulante), in maniera prevalente e abituale, cioè vige il requisito della professionalità (non vengono considerati, ad esempio, coloro che realizzano e vendono piccoli oggetti artigianali per hobby o che vendono oggetti sporadicamente su siti come E-bay o Vinted).
L’imprenditore può avvalersi di dipendenti e di collaboratori e può anche costituire una impresa di tipo familiare (se avviata insieme al coniuge o a un parente fino al terzo grado).
Per aprire una ditta individuale è necessario possedere un conto corrente e avere aperto la partita IVA, come per i liberi professionisti, ma in questo caso serve anche qualche passaggio ulteriore, cioè l’iscrizione all’albo degli artigiani oppure alla camera di commercio, oltre alla comunicazione ufficiale di avvio della propria attività presso il Comune dove essa si svolge.
Ma cosa significa questo nel concreto? Quanto tempo è necessario e quanto costa aprire una ditta individuale? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa scelta? E ancora, quali sono gli obblighi fiscali e gli obblighi previsti dalla legge quando si decide di avviare una ditta individuale? Chi può supportare l’imprenditore in questo processo?
Proviamo a rispondere a tutte queste domande in questo articolo.
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Partiamo dall’inizio: dopo essersi informato attentamente e aver stabilito che la forma giuridica della ditta individuale è quella ideale per l’attività professionale che intende compiere il futuro imprenditore, che cosa dovrà fare?
Per aprire una ditta individuale, nella pratica, è necessario far fronte essenzialmente a quattro principali passaggi, e cioè:
Vediamo ogni step nel dettaglio per capire tutto ciò che è richiesto all’imprenditore.
Il codice ATECO (il cui acronimo sta per Attività Economica) è quell’elemento identificativo dell’attività professionale che il lavoratore autonomo intende svolgere, è necessario per aprire la partita IVA (non solo per i commercianti e gli artigiani ma anche per i liberi professionisti) e indica gli obblighi che il titolare dovrà rispettare e, nel caso in cui egli opti per il regime forfettario, indica anche il coefficiente di redditività delle tasse che egli dovrà poi pagare. È rintracciabile sull’apposita pagina del sito dell’ISTAT oppure, più semplicemente, il vostro consulente di fiducia potrà reperirlo per voi
Un lavoratore autonomo può scegliere, in fase iniziale, quale tipo di regime fiscale intende adottare per la propria attività, potendo decidere essenzialmente tra il regime forfettario, che è quello con più agevolazioni e vantaggi fiscali e contabili per coloro che stanno aprendo la propria ditta individuale, e il regime ordinario, che invece prevede il pagamento delle tasse in base a scaglioni di reddito. Non è detto che per forza di cose il regime forfettario sia più conveniente grazie alle sue agevolazioni, dipende in realtà da situazione a situazione: il regime ordinario, ad esempio, consente di scaricare le spese per la propria attività mentre il forfettario no; inoltre esistono dei precisi prerequisiti che bisogna possedere per poter accedere al regime fiscale agevolato, primo tra tutti il non superamento della soglia di 85.000 € annui di ricavi, come stabilito dalla Legge di Bilancio 2023 n.197.
Questa pratica, in vigore dal 2010 e che si adempie tramite la compilazione telematica di un modello unico (da qui il nome “DIRE”), consente diverse operazioni, tutte fondamentali per l’apertura di una ditta individuale. Infatti, grazie a DIRE:
La S.C.I.A., acronimo che indica la Segnalazione Certificata di Inizio Attività, è quella pratica che va inviata, entro massimo 30 giorni dalla data di inizio della attività, al Comune in cui avrà luogo l’attività della ditta individuale: in risposta, deve arrivare la ricevuta protocollata da parte del SUAP (cioè lo Sportello Unico per le Attività Produttive) e, una volta arrivata, il titolare della ditta individuale ha completato l’iter formale previsto per la sua costituzione e può ufficialmente dare inizio alla propria attività. In altri casi, come ad esempio per l’apertura di un ristorante, di un locale o di un bar, bisogna fare richiesta di ulteriori particolari tipi di autorizzazioni e licenze, tra cui l’HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point, il protocollo relativo alle norme del settore alimentare)
La ditta individuale può essere identificata come la forma più semplice di un’attività imprenditoriale: infatti in fase iniziale, al contrario delle altre tipologie di imprese, non è necessario investire una cifra minima di capitale.
Per sapere quanto costa aprire una ditta individuale bisogna considerare dunque il costo di invio della ComUnica, che si suddivide così:
(A seconda della tipologia di attività e della Provincia dove si vuole avviare la propria Ditta Individuale i precedenti importi potrebbero variare)
per un totale di 90,94 €, a cui bisogna eventualmente aggiungere il costo del commercialista o del professionista a cui ci si affida (indicativamente tra i 200 € e i 500 €). L’apertura della partita IVA di per sé non ha alcun costo, al netto anche in questo caso del consulto di un professionista.
In generale, i costi possono leggermente variare in base al tipo di attività professionale che si svolge, ma in linea di massima si aggirano tra i 100 € e i 200 €, tariffa del commercialista esclusa.
Per il resto, i costi di mantenimento sono naturalmente le tasse e i contributi: all’avvio della propria attività tendenzialmente si potrà aderire al regime forfettario, che prevede il pagamento del solo 5% di tasse per i primi cinque anni di attività (a patto di non superare il limite massimo di ricavi di 85.000 € annuali) per poi passare al 15% negli anni successivi.
Per quanto riguarda i contributi, l’imprenditore deve versare circa 4.500 € di contributi fissi annuali su un reddito minimo di 18.415 € (riferimento anno 2024) tramite l’iscrizione alla Gestione commercianti e artigiani INPS. Se si supera il reddito minimo previsto, gli ulteriori contributi andranno versati in percentuale a un’aliquota che si aggira intorno al 24%. Inoltre, se il titolare ha aderito al regime forfettario può accedere a una riduzione dei contributi INPS del 35%, ottenendo così un notevole risparmio. Questo non avviene in modo automatico, ma il titolare della ditta individuale deve farne specifica richiesta attraverso la compilazione e l’invio telematico dell’apposito modulo sul sito dell’INPS.
Come in ogni decisione, anche nella scelta di aprire una ditta individuale esistono dei vantaggi e degli svantaggi. Analizziamoli nel dettaglio per capire quando e a chi conviene aprire la ditta individuale.
Abbiamo analizzato nei paragrafi precedenti i vari step per poter aprire la propria ditta individuale.
Da questi, come abbiamo visto, derivano alcuni obblighi fiscali, che sono essenzialmente:
Inoltre, abbiamo elencato ulteriori passaggi obbligatori per legge per poter aprire una ditta individuale. Questi si possono riassumere nei seguenti punti:
Esiste un caso particolare: può capitare che non sia il lavoratore autonomo a voler aprire una ditta individuale, ma un lavoratore dipendente. Egli può compiere questa operazione, pur continuando ad essere dipendente di un’altra azienda, a patto che le due attività professionali non siano in concorrenza tra loro nello stesso settore e se non esistono esplicite clausole di divieto nel contratto di lavoro.
Se dunque queste condizioni sono rispettate, il lavoratore dipendente può procedere con l’apertura della partita IVA senza l’obbligo di darne comunicazione al proprio datore di lavoro: potrebbe però risultare comunque conveniente avvisare l’azienda, in modo da evitare eventuali inconvenienti e problemi, uno su tutti il licenziamento per giusta causa.
Inoltre, è bene sapere che, se il tempo dedicato al lavoro dipendente è maggiore di quello che si può dedicare alla ditta individuale, così come il reddito percepito, in questo caso il titolare viene esonerato dall’iscrizione alla Gestione commercianti e artigiani INPS e dal versamento di ulteriori contributi.
Siamo giunti al termine di questa panoramica sulla ditta individuale: abbiamo analizzato che cos’è e chi può aprirla, i vari step necessari per l’apertura, i costi, i vantaggi e gli svantaggi di questa particolare forma giuridica, oltre ad aver riepilogato tutti gli obblighi fiscali e di legge che sono previsti.
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