Guida al regime forfettario 2023

Xolo
Autore Xolo
Scritto da 15 gennaio, 2023 13 minuti di lettura

Al giorno d’oggi non è di certo facile orientarsi nella “giungla fiscale” delle partite IVA e dei vari regimi: se stai pensando di aprire una partita IVA con il regime fiscale forfettario e vuoi capire meglio come funziona, sei nel posto giusto! Ti aiuteremo a capire nel dettaglio che cos’è e come funziona il regime forfettario, quali sono i liberi professionisti che possono aprire la partita IVA agevolata e quali vantaggi comporta.

Che cos’è il regime forfettario

Il regime forfettario è una particolare tipologia di regime fiscale introdotto in Italia con la Legge di Stabilità del 2015 (legge 190/2014) e riformata l’anno successivo, che ha sostituito il precedente Regime dei Minimi. 

È un regime pensato per ridurre le imposte e semplificare la gestione della partita IVA ed è infatti molto conveniente, ad esempio, per i giovani che iniziano a lavorare in autonomia e per chiunque stia avviando un’attività di piccole o medie dimensioni. Infatti, la detrazione delle tasse avviene indipendentemente dalle spese sostenute, ma secondo un forfait fisso stabilito da un coefficiente di redditività associato al codice ATECO, cioè in base alla categoria professionale di appartenenza: quindi, tutti i liberi professionisti che non sono iscritti alla camera di commercio hanno un coefficiente di redditività del 78%, gli artigiani del 67%, i commercianti del 40%, e così via. 

Queste sono le informazioni base, ma proviamo a capire meglio come funziona il regime forfettario e quali vantaggi può portare.

 

Come funziona il regime forfettario 

Il funzionamento del regime forfettario è semplice: è stato pensato, infatti, per incentivare l’apertura di partita IVA da parte di coloro che vogliono iniziare una nuova attività, limitando i costi e riducendo gli adempimenti amministrativi, fino a che il volume degli affari e il reddito annuale restano sotto una certa soglia. A patto di avere i requisiti necessari, dunque, il regime forfettario è senza dubbio il più vantaggioso nell’attuale panorama fiscale del nostro Paese per coloro che vogliono intraprendere la carriera di lavoratori autonomi.

Vediamo dunque nel dettaglio i vantaggi economici e burocratici dei liberi professionisti che aderiscono al regime forfettario e quali requisiti devono avere per poter utilizzare questo regime fiscale.

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Quali vantaggi ha il regime forfettario

La partita IVA in regime forfettario, se si rientra nel limite di fatturato annuo, è molto conveniente rispetto al regime ordinario. Ecco un breve elenco dei principali vantaggi:

  • l’imposta sui redditi (detta imposta sostitutiva) varia da un minimo del 5% (per i primi cinque anni di attività per le start up) a un massimo del 15% (dal sesto anno di attività in poi);
  • l’applicazione del regime di cassa per determinare il reddito
  • i costi dell’attività vengono determinati in modo forfettario
  • non è obbligatoria la tenuta dei registri contabili;
  • le fatture vengono emesse senza l’IVA (imposta sul valore aggiunto), senza l’ISA (indici sintetici di affidabilità fiscale) e senza la ritenuta d’acconto;
  • per le categorie dei commercianti, degli artigiani e dei fornitori di servizi si può inoltre applicare lo sconto del 35% sui contributi INPS (come vedremo nel paragrafo dedicato);
  • non ci sono limiti di età per poter accedere al regime forfettario né un limite di anni di permanenza, esiste solo il tetto massimo di fatturato annuo, stabilito a 85.000 € dall’ultima Legge di Bilancio 2023 n.197/2022.

 

Per i lavoratori autonomi che non utilizzano, fintanto che sarà possibile, il sistema di fatturazione elettronica, in ogni caso è sempre necessario numerare in ordine progressivo le fatture emesse per la certificazione dei corrispettivi, conservarle e apporvi una marca da bollo da 2 € se la fattura è di oltre 77,47 €. Bisogna anche conservare le eventuali bollette doganali e le fatture d’acquisto. 

Per quanto riguarda i contributi INPS, per chi è iscritto all'albo professionale vale la cassa previdenziale di riferimento; tutti gli altri si dovranno invece iscrivere alla gestione separata INPS. Il calcolo delle tasse, invece, prevede la detrazione, dal netto della percentuale calcolata in base al coefficiente di redditività, dell’aliquota del 5% o del 15%.

 

Quali sono i requisiti di accesso per il regime forfettario 2023

Il regime fiscale forfettario è il regime agevolato con il quale sono stati sostituiti, a partire dal 1° gennaio 2015, il regime dei minimi e gli altri regimi non ordinari. È un regime che prevede diversi vantaggi e semplificazioni in termini fiscali ma, come abbiamo accennato, non tutte le categorie di lavoratori possono usufruirne: vediamo chi può accedere al regime forfettario e di conseguenza aprire la partita IVA agevolata e chi invece non può rientrarvi.

La Legge di Bilancio 2023 n. 197 pubblicata il 29 dicembre 2022 in Gazzetta Ufficiale, ha introdotto importanti novità proprio in materia di regime forfettario, rendendolo di fatto accessibile ad un bacino piú ampio di lavoratori autonomi e dando loro l’opportunità di usufruire dei vantaggi legati alla tassazione agevolata.

Per godere dei numerosi vantaggi fiscali del regime forfettario e ottenere un risparmio economico, bisogna soddisfare (e mantenere nel tempo) i seguenti requisiti:

  • essere una persona fisica che esercita un’attività di impresa, arte o professione, ossia essere un libero professionista oppure una ditta individuale o al massimo familiare: possono accedervi tutti i liberi professionisti senza limitazioni di età, sia che siano iscritti a un ordine o a un albo (come quello degli psicologi, degli avvocati, degli architetti, ecc.) sia che invece non lo siano
  • non superare il tetto massimo, fissato a 85.000 €, di ricavi e guadagni dell’anno precedente, o il suo calcolo proporzionale in base ai mesi effettivi di attività, se si apre la partita IVA nel corso dell’anno; bisogna stare bene attenti a valutare in questo caso i ricavi e non il reddito: è necessario cioè sommare tutte le entrate senza togliere alcuna uscita, poiché il regime forfettario non prevede la detrazione delle spese, e considerare tutto questo in modo indipendente dal codice ATECO che viene applicato, che stabilisce invece il coefficiente di redditività
  • non superare il limite di 20.000 € annui per le spese destinate al lavoro accessorio e/o al personale dipendente o collaboratore – se si apre la partita IVA ex novo il calcolo di queste spese sarà presunto e indicativo; per l’anno 2022 invece non c’è alcun vincolo in merito ai beni strumentali
  • al regime forfettario possono aderire anche coloro che sono inquadrati come dipendenti o come pensionati, a patto che il loro reddito annuo non superi la soglia dei 30.000 €.

 

Passaggio a forfettario da regime semplificato o da ordinario 


Con la novità introdotta dalla Legge di Bilancio 2023 molti contribuenti hanno la possibilità di entrare nel regime forfettario già dal 2023. Infatti, l’innalzamento della soglia dei compensi e dei ricavi da 65.000 a 85.000 euro, apre una finestra più ampia a tutti quei lavoratori autonomi che in precedenza erano esclusi dal regime agevolato, rientrando nel regime semplificato o ordinario. 

Se hai un’attività già avviata con regime ordinario o semplificato, il passaggio al forfettario è semplice: non dovrai effettuare nessuna comunicazione né preventiva né successiva. Il regime forfettario è infatti considerato un regime naturale: ciò vuol dire che ti basterà agire per “fatti concludenti”. Dovrai cioè semplicemente iniziare a tenere la contabilità ed emettere le fatture secondo le modalità previste per il forfettario.

La scelta di passare dal semplificato o dall’ordinario al regime forfettario tuttavia dipende da diversi fattori: ad esempio, si può continuare a rimanere nel regime ordinario o semplificato quando si sostengono dei costi significativi, al di sopra delle soglie percentuali di deduzione forfettaria applicata al regime di flat tax. Oppure nel caso in cui le detrazioni Irpef o le deduzioni – in alternativa non recuperabili – superano il vantaggio del 15% di imposta. In ogni caso, è necessario prestare attenzione alle fatture a cavallo dell’anno, alle comunicazioni da inviare ai clienti e alla necessità di adeguare o meno l’emissione delle fatture alle modalità elettroniche.


Cosa succede alla fattura del libero professionista emessa a dicembre 2022 e incassata nel 2023?


Ai fini Iva la fattura originaria non subirà alcuna modifica, determinando imposta sul valore aggiunto da versare nei termini originari (generalmente 16 marzo 2023) mentre, ai fini della ritenuta d’acconto, l’adesione al regime forfettario permette la disapplicazione della stessa (rileva infatti la situazione al momento del pagamento) e, a tal fine, il forfettario deve comunicare al committente l’adesione al nuovo regime dal 2023. In generale, comunque, è raccomandabile inviare ai clienti abituali una informativa, segnalando il proprio passaggio al regime forfettario per evitare errori di processazione delle fatture.


Chi intende aderire al regime forfettario, ma ha erroneamente continuato a fatturare con Iva ad inizio 2023, può regolarizzare la posizione con nota di variazione e riemissione della fattura in franchigia da Iva almeno fino al momento della prima liquidazione periodica Iva (circolare 7/E/2008), con restituzione dell’Iva non dovuta qualora già incassata.


Per le fatture emesse nel 2023, occorrerà indicare “operazione senza applicazione dell’Iva ai sensi dell’articolo 1 commi 54-89 L. 190/2014” o diciture similari e, se di importo superiore a 77,47 euro, applicare l’imposta di bollo di due euro che, se riaddebitata, costituisce ricavo (interpello 428/E/2022).

 

Quali sono le cause di esclusione dal regime forfettario 2023

Come abbiamo visto, non tutti i liberi professionisti possono aderire al regime fiscale forfettario. Ecco chi non può usufruire della partita IVA agevolata e deve passare al regime ordinario secondo gli ultimi aggiornamenti giuridici, ovvero la Legge di Bilancio del 2020:

  • coloro che, nell’annualità precedente (attenzione, non quella in corso), hanno superato il limite imposto dei 85.000 € di ricavi; Se si superano gli 85.000 euro, ma si resta sotto i 100.000 euro, l'uscita non è immediata, ma decorre a partire dall'anno successivo. Se invece si superano i 100.000 euro, l'uscita è immediata e bisognerà iniziare ad applicare l'imposta sul valore aggiunto (IVA) a partire dalle operazioni successive.
  • chi non risiede fiscalmente in Italia, a meno che il soggetto non risieda in uno Stato membro dell’Unione Europea oppure in uno Stato che aderisce all’Accordo sullo Spazio economico europeo con il quale è garantito uno scambio di informazioni adeguato e trasparente; inoltre, il soggetto deve produrre all’interno dello Stato italiano almeno il 75% del reddito da lui prodotto complessivamente;
  • chi adotta regimi forfettari di determinazione del reddito o regimi speciali IVA, tra cui quelli dei seguenti settori: agricoltura e pesca, editoria, vendita di sali e tabacchi, servizi di telefonia pubblica, intrattenimento e gioco, turismo e agenzie viaggi, agriturismo, agenzie di vendite all’asta, di vendita di oggetti usati, d’arte, d’antiquariato o da collezione, rivendita di documenti di trasporto pubblico, commercio di fiammiferi, vendite a domicilio, vendite di cascami e rottami (per i dettagli si veda la Circolare n. 10/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate);
  • chi svolge come attività principale la cessione di fabbricati, o porzioni di essi, di terreni edificabili (si veda all’articolo 10, co. 1, numero 8, del d.P.R. 633/1972) oppure di mezzi di trasporto nuovi (si veda all’articolo 53, co. 1, del D.L. 331/1993);
  • coloro che, oltre alla loro attività d’impresa, professione o arte, partecipano in società di persone, associazioni o imprese familiari (come da articolo 5 del Tuir); oppure che controllano in modo diretto o indiretto associazioni in partecipazione o società a responsabilità limitata (srl) che svolgono attività economiche riconducibili a quelle svolte tramite l’attività d’impresa, professione o arte, per evitare un frazionamento “artificioso” dell’attività all’unico fine di godere dei vantaggi fiscali del regime forfettario;
  • coloro che esercitano la propria libera professione in modo prevalente per un datore di lavoro con cui è in corso o è intercorso un rapporto di lavoro nell’arco dei due precedenti periodi d'imposta (non annualità solari) – questo vincolo non è applicato per coloro che aprono la partita IVA in seguito al periodo di praticantato obbligatorio per l’esercizio della propria professione. Questa clausola è stata posta a tutela dei lavoratori, in modo che i datori di lavoro non possano utilizzare un contratto di partita IVA come contratto di lavoratore dipendente; a questo proposito è comunque possibile svolgere la propria attività professionale anche solo per un unico committente;
  • chi ha percepito, durante l’anno precedente, un reddito come lavoratore dipendente o ad esso assimilato che superi la soglia dei 30.000 € (come da articoli 49 e 50 del TUIR) – questo limite è da considerarsi ininfluente se il rapporto di lavoro è stato concluso entro il 31 dicembre dell’anno precedente.

 

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Il calcolo delle imposte nel regime forfettario

Abbiamo visto come, tra i vantaggi del regime forfettario, c’è una riduzione della tassazione: ma come si calcolano tasse e contributi INPS? In altre parole, come è possibile capire la cifra netta che rimane dall’importo lordo che il libero professionista inserisce in fattura?

L’unica imposta che è necessario pagare nel regime forfettario è la cosiddetta imposta sostitutiva, la quale ingloba tutte le imposte che vengono pagate all’interno del regime ordinario, cioè l’IRAP, l’IRPEF e le varie addizionali regionali e comunali). Il vantaggio principale del regime forfettario sta nel fatto che questa imposta sostitutiva è davvero conveniente, dal momento che è compresa tra il 5% e il 15%, e che questa deve essere pagata soltanto sul reddito imponibile netto.


Che cos’è il reddito imponibile? Per capirlo facciamo un passo indietro. 

Nel regime forfettario non vengono sottratte le spese realmente sostenute durante lo svolgimento dell’attività, ma si calcola una somma di “spese forfettarie” ottenuta in base al coefficiente di redditività di ciascuna attività professionale, cioè un coefficiente che è differente a seconda della categoria di attività e che viene associato a un codice ATECO attraverso il quale sono classificate le diverse attività economiche. 

Il codice ATECO è stabilito dall’Agenzia delle Entrate: di seguito potete trovare un piccolo elenco dei più diffusi coefficienti di redditività (è comunque sempre possibile consultare la relativa tabella presente sulla Gazzetta Ufficiale).

  • attività professionali, scientifiche, sanitarie, tecniche, d'istruzione, servizi assicurativi e finanziari: coefficiente di redditività del 78%
  • attività di commercio al dettaglio e all’ingrosso: coefficiente di redditività del 40%
  • attività di costruzioni e immobiliari: coefficiente di redditività dell’86%

Utilizzando il principio di cassa (attenzione, non il principio di competenza), e conoscendo il coefficiente di redditività della propria attività, si può calcolare dunque il reddito imponibile: per ottenerlo si moltiplicano i ricavi totali dell’anno per il proprio coefficiente di redditività, ottenendo così il reddito imponibile lordo. Da questa cifra bisogna togliere i contributi e sul rimanente, cioè sul reddito imponibile netto, si può fare il calcolo delle imposte.

Per esempio, se il mio guadagno totale di un anno è di 40.000 €, e individuo il coefficiente di redditività al 78%, dovrò moltiplicare 40.000 per 78% e otterrò il reddito imponibile lordo, cioè 31.200 €. 

Da questa cifra dobbiamo prima togliere i contributi previdenziali: come si fa questo calcolo?
Bisogna considerare sempre l’attività economica di riferimento. Tendenzialmente, ci sono due macro-opzioni:

  • i liberi professionisti sono tenuti a iscriversi alla cassa di riferimento della propria attività (ad esempio dei medici, degli psicologi, degli architetti) dove sono previsti dei contributi fissi, oppure devono iscriversi alla gestione separata INPS nei casi in cui non esista una cassa specifica (ad esempio i copywriter). Chi è iscritto alla gestione separata INPS dovrà versare i contributi considerando la percentuale del 26,23% dei ricavi, avendo la possibilità di applicare la rivalsa INPS del 4% in fattura.
  • chi possiede una ditta individuale è tenuto a iscriversi alla gestione IVS artigiani e commercianti: in tal caso è prevista una cifra di contributi che è fissa ed è di 3.905,76 € per gli artigiani e 3.983,73 € per i commercianti, su un minimale di utili di 16.243 €. 


Adesso che abbiamo capito come calcolare i contributi possiamo togliere la cifra corrispondente dal reddito imponibile lordo e ottenere così il reddito imponibile netto, sul quale è possibile finalmente calcolare le imposte.

Continuando con l’esempio precedente, mettendo il caso che sono un libero professionista iscritto alla gestione separata INPS Professionisti, la mia cifra totale di contributi che dovrò versare, come saldo per l’anno passato, sarà di 8.184 € (26,23% x 31.200). Ipotizzando di aver versato nell’anno precedente lo stesso importo, tra saldo ed acconto, e sottraendo questo ai 31.200 € (il reddito imponibile lordo), otterrò 23.016 €, che costituisce il reddito imponibile netto.

Dunque, ora posso calcolare le imposte: mi sarà sufficiente moltiplicare il reddito imponibile netto per l’aliquota sostitutiva che abbiamo preso in considerazione all’inizio, cioè il 5% o il 15% garantito dal regime forfettario, considerando che il 5% è applicato nei primi cinque anni di attività di una start-up, mentre dal sesto in poi, e chi non apre una start-up, paga il 15%

Terminando l’esempio, per sapere quante imposte dovrò pagare mi basterà moltiplicare il 15% per il mio reddito imponibile, cioè 23.016 €: scoprirò dunque che l'importo dell’imposta da versare, a saldo, per l’anno di riferimento sarà pari a 3.452,40 €, alla quale si dovrà sottrarre l’importo versato ad acconto nell’anno precedente.

 

 

Il regime forfettario e la fatturazione elettronica

Fino al primo semestre dello scorso anno, una delle caratteristiche del regime forfettario è stata l’esclusione dall’obbligo di fatturazione elettronica – cosa che è comunque sempre stata possibile e per certi versi incentivata – con la possibilità di emettere fatture analogiche (in formato digitale o cartaceo). A partire dal 1° luglio 2022 è entrato in vigore l’obbligo di fatturazione elettronica per tutti i contribuenti in regime forfettario che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi o percepito compensi superiori a € 25.000. La misura è stata disposta dal decreto legge n. 36/2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 100 di sabato 30 aprile 2022. A partire da questa data dunque anche tutti coloro che aderiscono al regime forfettario hanno contratto l’obbligo di emettere fattura elettronica, seguendo la stessa procedura di chi compie questa operazione in regime fiscale ordinario, attraverso la compilazione del documento in formato xml e l’invio al destinatario tramite l’apposito Sistema di Interscambio (SdI).

Per i lavoratori autonomi in regime forfettario che non hanno conseguito ricavi o percepito compensi superiori a € 25.000, e pertanto possono ancora utilizzare la metodologia cartacea, resta sempre e in ogni caso necessario numerare in ordine progressivo le fatture emesse per la certificazione dei corrispettivi, conservarle e apporvi una marca da bollo da 2 € se la fattura è di oltre 77,47 €. Bisogna anche conservare le eventuali bollette doganali e le fatture d’acquisto. 
La regola vale fino al 2024, anno nel quale la fattura elettronica sarà obbligatoria per tutte le partite Iva a prescindere dalla soglia di compensi ottenuti nell’anno.

 

Il regime forfettario e la ritenuta d’acconto

Il rapporto tra il regime forfettario e la ritenuta d’acconto, cioè quella cifra che solitamente il cliente sottrae al compenso del libero professionista e che versa in vece sua come acconto IRPEF allo Stato, è più semplice di quel che può sembrare: semplicemente, coloro che sono all’interno del regime fiscale forfettario non sono soggetti alla ritenuta d’acconto

Questo è infatti uno dei tanti vantaggi del regime agevolato: il lavoratore freelance non avrà l’onere di applicare la ritenuta d’acconto sui suoi ricavi e sui suoi compensi, e allo stesso tempo nemmeno i suoi clienti o fornitori dovranno applicarla nelle fatture indirizzate al freelance in regime forfettario.

Il compenso indicato in fattura, dunque, sarà incassato totalmente, senza alcuna trattenuta: semplicemente dovrà essere presente nella fattura la seguente dicitura: “Si richiede la non applicazione della ritenuta d’acconto come previsto dall’art.1, comma 67, Legge n.190/2014”.

 

Il rimborso spese nel regime forfettario

Le spese di vitto, di alloggio e di viaggio che un libero professionista può trovarsi a dover sostenere per la sua attività lavorativa, tecnicamente, non possono essere dedotte, come previsto dalla regolamentazione del regime forfettario, e i rimborsi spese vanno ad aggiungersi al reddito imponibile. 

C’è però un’eccezione che rende deducibili le spese sostenute per le trasferte, e cioè quando esse vengono considerate come una anticipazione a nome del cliente e per suo conto

Queste spese, e il relativo pagamento o rimborso, possono essere gestiti in due diversi modi: il primo caso, più immediato, prevede che siano a carico del cliente/committente, e in tal caso la cosa più semplice ai fini fiscali è che le spese siano direttamente sostenute e pre-pagate da lui, dopo che questo è stato concordato per iscritto nell’accordo di collaborazione e nel preventivo da entrambi sottoscritto.

Il secondo caso, invece, prevede che le spese siano state sostenute dal libero professionista e che debbano essere riaddebitate al cliente: questi costi sono soggetti a tassazione, dunque se vengono indicati in modo specifico nella fattura al cliente, distinguendoli dal compenso vero e proprio per l’attività svolta, essi potranno essere dedotti totalmente, senza applicare il limite del 75% e quello del 2% dei compensi previsto per la somministrazione di cibo e bevande e per le spese alberghiere. È sempre bene inserire la seguente dicitura in fattura: “spese anticipate ex. Art. 15 DPR 633/72” e allegare le diverse fatture e scontrini relativi alle spese sostenute.

Se invece questi costi vengono addebitati al cliente in modo forfettario, senza distinguere all’interno della fattura il rimborso delle spese dal compenso vero e proprio, l’importo è ancora imponibile integralmente ma si potrà dedurre soltanto il 75% delle spese per un totale massimo annuale che non può eccedere il tetto del 2% di tutti i compensi che sono stati incassati nell’arco dell’anno.

 

Le agevolazioni contributive nel regime forfettario

Una specifica categoria può inoltre accedere a un’agevolazione contributiva importante se aderisce al regime forfettario: è quella delle ditte individuali che svolgono un'attività commerciale. Sono dunque esclusi tutti i liberi professionisti, bisogna considerare soltanto gli artigiani e i commercianti.

Questa agevolazione contributiva prevede una riduzione del 35% dei contributi previdenziali annuali che artigiani e commercianti devono versare alla loro apposita Gestione INPS. Per poterla richiedere, è necessario presentare la domanda attraverso i canali telematici del cassetto previdenziale del sito dell’INPS entro il 28 febbraio di ogni anno. Se si supera il limite temporale, si potrà senza dubbio rimanere nel regime forfettario ma senza ricevere l’agevolazione contributiva, e sarà possibile richiederla nuovamente l’anno successivo entro i termini stabiliti.

Con questo articolo speriamo di averti chiarito le idee su come funziona il regime forfettario e su cosa sia la partita IVA agevolata, sui vantaggi e i requisiti per poter accedervi e sul calcolo delle tasse e dei contributi. 

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