I lavoratori dipendenti molto spesso, tra i vari benefit aziendali o come forma di integrazione dello stipendio, possono vantare i buoni pasto, ticket disponibili in formato cartaceo, digitale o, sempre più diffusamente anche grazie agli incentivi, elettronico di un valore economico variabile (in media tra i 5 € e i 12 €, a discrezione dell’azienda) che si possono utilizzare per pagare il pranzo in bar e ristoranti oppure la spesa alimentare in alcune catene di supermercati e in certi negozi di quartiere.
I buoni pasto sono stati ideati nella seconda metà del Novecento da parte di un illuminato imprenditore inglese, John R. Hack, e si sono diffusi in Italia nel corso degli anni Settanta: ad oggi rappresentano senza dubbio un benefit importante, vengono definiti fringe benefit poiché vengono assegnati in aggiunta al compenso erogato sotto forma di denaro, e sono molto apprezzati poiché permettono di risparmiare ogni mese una discreta quantità di denaro e di aumentare di conseguenza il potere d’acquisto dei lavoratori, senza però gravare fiscalmente sui datori di lavoro.
E i liberi professionisti senza dipendenti, titolari di partita IVA o le ditte individuali? Possono anche loro prevedere l’utilizzo dei buoni pasto per tentare di abbattere una parte dei costi sostenuti per la gestione della propria attività che, come sappiamo, non sono pochi? I ticket restaurant sono deducibili come spese aziendali in questo caso?
In questo articolo proviamo a capire se e come i titolari di partita IVA hanno la possibilità di integrare i ticket e i buoni pasto, regolati dal Decreto Ministero dello Sviluppo Economico n. 122/2017, e se questa è una strategia per loro conveniente.
Innanzitutto, chiariamo cosa si intende con buono pasto: esso è un elemento retributivo utile ad acquistare pasti e alimenti. Il buono pasto può essere in formato cartaceo o in formato elettronico e deve presentare le seguenti indicazioni:
Certamente i buoni pasto sono uno strumento utile non solo per le grandi aziende, che già ne fanno un abbondante utilizzo come strumento sostitutivo rispetto alla mensa aziendale e integrativo dello stipendio dei dipendenti, ma anche – cosa forse meno conosciuta – per i liberi professionisti titolari di partita IVA.
Attenzione, però: i lavoratori freelance che aderiscono al regime fiscale forfettario, che applica un’aliquota fissa del 15% sul reddito imponibile, non possono fare richiesta per avere i ticket restaurant, dal momento che essi, tra i vari vantaggi fiscali, godono già della franchigia IVA e per questo motivo non hanno la possibilità di scaricare le spese aziendali sostenute per la propria attività – o meglio, per dirla in altre parole, tutti i costi aziendali sono già ridotti e racchiusi in una percentuale fissa e forfettaria, stabilita dallo Stato, che varia in base al coefficiente di redditività determinato dal codice ATECO.
Per fare un esempio concreto: i lavoratori freelance che pagano le tasse sul reddito imponibile del 78%, come ad esempio gli avvocati o altre categorie di liberi professionisti, hanno inserito di default nel rimanente 22% tutte le spese di gestione della propria attività, tra cui appunto anche quelle legate ai pasti effettuati per motivi di lavoro. A questa categoria di freelance non conviene dunque utilizzare i ticket.
Al contrario, possono invece acquistare e utilizzare i buoni pasto i titolari di partita IVA che aderiscono al regime ordinario, sia in qualità di persona fisica che di ditta individuale (sia in caso di presenza di dipendenti che senza dipendenti), i quali non godono della franchigia IVA e per questo hanno la possibilità di detrarre le spese aziendali in modo puntuale. È anzi per loro molto vantaggioso ricorrere all’opzione dei ticket: vediamo insieme perché.
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Abbiamo visto come i titolari di partita IVA aderenti al regime fiscale ordinario, che siano liberi professionisti o che si configurino come ditta individuale con o senza dipendenti, hanno la possibilità di acquistare e utilizzare i buoni pasto per se stessi e per i loro eventuali collaboratori: ma i ticket restaurant costituiscono una soluzione realmente conveniente? La risposta a questa domanda è senza dubbio affermativa: per i titolari di partita IVA in regime ordinario è davvero conveniente ricorrere ai buoni pasto, dal momento che essi presentano diversi vantaggi economici e fiscali che aiutano ad abbattere notevolmente le spese di gestione dell’attività e a semplificare e alleggerire le procedure.
Ecco le principali motivazioni.
Il primo e il più grande vantaggio in assoluto dei buoni pasto è quello a livello fiscale: infatti, l’acquisto dei ticket restaurant è deducibile del 75%, come spese aziendali, per i liberi professionisti, gli artigiani, i commercianti o le ditte individuali senza dipendenti, mentre per i titolari di partita IVA che si configurano in ditte individuali con dipendenti l’acquisto dei ticket è invece deducibile al 100% ai fini IRES, IRPEF e IRAP per i buoni pasto cartacei fino a 4 € giornalieri (prima il limite era di 5,29 €) e fino a 8 € giornalieri per quelli elettronici (prima il limite era pari a 7 €), secondo quanto sancito dalla Legge di stabilità del 2020, dal momento che i buoni pasto non vengono considerati reddito da lavoro dipendente, bensì un servizio complesso che non è riconducibile alla mera somministrazione di bevande e alimenti, come è evidenziato chiaramente nella circolare IRDCEC n.9/IR del 27/4/2009.
C’è inoltre da considerare un tetto massimo detraibile, che corrisponde al 2% del fatturato complessivo.
Per quanto riguarda invece la detraibilità dei buoni pasto, si fa riferimento all’IVA: i liberi professionisti e le ditte individuali possono detrarre totalmente l’IVA sui ticket fissata al 10%. È anche per questo motivo che, come ricordavamo, coloro che possiedono la partita IVA e aderiscono al regime forfettario non hanno alcuna convenienza nell’avere i buoni pasto: proprio perché in quel tipo di regime fiscale si opera in franchigia IVA, cioè senza necessità di versarla né di scaricarla.
Inoltre, è importante sapere che nel caso in cui i ticket vengano concessi anche per i giorni non lavorativi (cioè tendenzialmente oltre i 20 ticket al mese) questi buoni pasto sono soggetti a tassazione integrale, nonostante il suo valore continui a non essere assimilabile ad una retribuzione.
Recentemente, infine, con l’interpello n. 956-2631/2020 è stato chiarito da parte dell’Agenzia delle Entrate che anche i lavoratori che operano in modalità smart-working hanno diritto ai buoni pasto, e che anche in questo caso viene applicata la tassazione agevolata (detrazione di 8 € per i ticket elettronici e di 4 € per i ticket cartacei).
Un’altra valida motivazione per ricorrere all’uso dei buoni pasto è senza dubbio legata alla praticità di gestione: in questo modo viene infatti sensibilmente semplificata la gestione contabile delle spese. Con i ticket non è più necessario conservare decine di scontrini e di fatture cartacee dei pranzi e delle cene fuori ufficio, ma è sufficiente avere un’unica fattura alla fine del mese (quella relativa all’acquisto dei buoni pasto), con il conseguente risparmio di denaro e di tempo, dal momento che in questo modo diminuiscono di molto anche i documenti da registrare e i registri contabili da tenere
Inoltre, non si può non considerare il fatto che i buoni pasto sono molto semplici da usare e, grazie alla loro versatilità, vengono accettati ormai in quasi tutte le città, in una rete fitta e articolata composta da moltissimi ristoranti, tavole calde, caffetterie e bar, ma anche in supermercati (in realtà solo per la vendita di generi alimentari), food truck, punti vendita e alimentari di quartiere, oltre che da servizi di delivery, take away e portali di spesa online, in particolar modo nella versione digitale (tramite la app sullo smartphone o la carta elettronica ricaricabile). Ciò significa, tra le altre cose, che i ticket si possono utilizzare anche quando si lavora in smart working da casa, ordinando un pranzo a domicilio oppure uscendo a pranzo solo per consumare il pasto
Un altro vantaggio è rappresentato dal fatto che, utilizzando i buoni pasto, si risparmia tempo prezioso al termine di ogni pausa pranzo, cosa molto importante specialmente in caso di un appuntamento con un cliente o un fornitore: in questo modo non ci sono più lunghi e inutili minuti di attesa trascorsi in coda per richiedere la fatturazione in locali già spesso affollati e caotici (e sappiamo bene quanto questa procedura possa essere lunga e complessa), ma basta un semplice pagamento digitale che viene effettuato in pochi secondi, come tramite una normale carta di credito o un bancomat
Un ulteriore fattore da considerare, importante per il libero professionista/imprenditore, è che la gestione dei ticket è molto flessibile e adattabile alle diverse circostanze: è infatti possibile personalizzare sia il valore dei buoni pasto (di norma, il valore minimo corrisponde a 2 € e il valore massimo a 15 €) sia il numero di buoni pasto mensili (solitamente si associa un buono pasto a ciascun giorno feriale, dunque all’incirca 20 ticket al mese, ma non è scontato che sia così), a seconda delle esigenze e delle abitudini del libero professionista (o della ditta individuale)
Quando un libero professionista si trova a valutare la scelta dell’acquisto dei buoni pasto, è bene che sappia anche come viene gestita la tassazione dei ticket: essi, infatti, come spiegato precedentemente non sono soggetti al pagamento dei contributi assistenziali e previdenziali fino all’importo di 4 € (nel caso dei ticket cartacei) o di 8 € (nel caso dei ticket elettronici) al giorno, dal momento che i buoni pasto sono a tutti gli effetti un servizio che sostituisce quello offerto dalle mense aziendali, come abbiamo visto al primo punto di questo elenco. Secondo l’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, più conosciuto con l’acronimo di TUIR, questo tipo di importo non costituisce reddito da lavoro dipendente, e pertanto l’articolo 17 del Decreto Legge n. S03 del 1992 sancisce l’esclusione di questo reddito dalla base imponibile.
Come abbiamo visto, non solo le ditte individuali e le aziende possono ricorrere all’utilizzo dei buoni pasto: possono farlo anche i liberi professionisti che non hanno dipendenti, riuscendo a detrarre completamente l’IVA fissata al 10% (per le aziende invece l’aliquota è al 4%) e a dedurre fino al 75% i costi di acquisto dei ticket restaurant.
Se dunque sei un titolare di partita IVA che aderisce al regime ordinario, non c’è assolutamente alcun motivo per non ricorrere all’utilizzo dei buoni pasto: anzi, troverai solo grandi vantaggi e risparmi, sia dal punto di vista economico che da quello fiscale, oltre che a livello di tempo e di semplificazione della gestione contabile!
In questo articolo abbiamo visto che per i liberi professionisti aderenti al regime ordinario è molto conveniente utilizzare i buoni pasto, poiché è garantito un notevole risparmio economico grazie alle detrazioni fiscali, ma anche un risparmio di tempo e una grande semplificazione della gestione della contabilità. Anche se questa opportunità esclude i lavoratori freelance che aderiscono al regime forfettario, essi possono godere già di diversi importanti benefici e agevolazioni. Rivolgiti subito agli esperti di Xolo per conoscerli tutti, fare la scelta migliore per la tua attività e risparmiare tempo e denaro!
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